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Inviato (modificato)

Nella parola Viaggio ci sono tre verbi: Partire / Viaggiare / Tornare.

-Il verbo partire (simile nel francese e nello spagnolo, partir) è di origine latina: pars che significa parte/frazione. CÔÇÖè dentro lÔÇÖatto della separazione (infatti la morte è anche dipartita), ma anche lÔÇÖatto della nascita (partorire dal latino parere ha la stessa radice). Insomma nel primo momento del Viaggio cÔÇÖè il dualismo dei dualismi ovvero Vita/Morte. Partire significa sempre lasciare un vecchio che apre a un nuovo. Ma non senza fatica: Partire è un poÔÇÖ morire. La saggezza popolare coglie benissimo questo aspetto.

-Il verbo viaggiare è di origine provenzale: Viaggio da viatge che deriva sempre dal latino viaticum che in origine erano gli alimenti che si consumavano in cammino. Il Viaggio è dunque ciò che lo rende possibile. Un viaggio è tale quando comprende ciò che alimenta il suo senso, non è spostamento ma necessità. In Inglese Viaggio è travel, che richiamo chiaramente alla parola travaglio (da tripalium che era uno strumento di tortura fatto da tre pali), come nel caso di partire cÔÇÖè lÔÇÖidea di fatica (in senso negativo) ma anche di vita (nel senso di travaglio come momento del parto).

-Il verbo tornare rimanda al tornio (tornus latino) ma anche al giogo, qualcosa insomma che gira in tondo.

Raggiungere un luogo e fermarcisi non è viaggiare. Il ritorno qualifica e dà dignità al Viaggio. Pena la nostalgia che è la soffereza (-algia) per il ritorno (n├│stos).

Il ritorno è la meta ultima del Viaggio, quella che completa e dà senso al suo significato.

Non a caso il viaggio per eccellenza e da tutti sognato è proprio Il giro del mondo, un viaggio che parte da un punto e ci ritorna. E questa secondo me è la più bella.

Bello vero?

Naturalmente non è farina del mio sacco ma un riassuntino fatto da me di un paragrafo tratto da un bellissimo saggio di Domenico Nucera intitolato I viaggi e la letterura presente nel volume AA.VV., Letteratura comparata, Bruno Mondadori, 2002. Se avete voglia di trovarlo in biblioteca lo consiglio a tutti.

Ciao viaggiatori!

_ok_

Modificato da robertosole
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Inviato
Nella parola Viaggio ci sono tre verbi: Partire / Viaggiare / Tornare.

-Il verbo partire (simile nel francese e nello spagnolo, partir) è di origine latina: pars che significa parte/frazione. CÔÇÖè dentro lÔÇÖatto della separazione (infatti la morte è anche dipartita), ma anche lÔÇÖatto della nascita (partorire dal latino parere ha la stessa radice). Insomma nel primo momento del Viaggio cÔÇÖè il dualismo dei dualismi ovvero Vita/Morte. Partire significa sempre lasciare un vecchio che apre a un nuovo. Ma non senza fatica: Partire è un poÔÇÖ morire. La saggezza popolare coglie benissimo questo aspetto.

-Il verbo viaggiare è di origine provenzale: Viaggio da viatge che deriva sempre dal latino viaticum che in origine erano gli alimenti che si consumavano in cammino. Il Viaggio è dunque ciò che lo rende possibile. Un viaggio è tale quando comprende ciò che alimenta il suo senso, non è spostamento ma necessità. In Inglese Viaggio è travel, che richiamo chiaramente alla parola travaglio (da tripalium che era uno strumento di tortura fatto da tre pali), come nel caso di partire cÔÇÖè lÔÇÖidea di fatica (in senso negativo) ma anche di vita (nel senso di travaglio come momento del parto).

-Il verbo tornare rimanda al tornio (tornus latino) ma anche al giogo, qualcosa insomma che gira in tondo.

Raggiungere un luogo e fermarcisi non è viaggiare. Il ritorno qualifica e dà dignità al Viaggio. Pena la nostalgia che è la soffereza (-algia) per il ritorno (n├│stos).

Il ritorno è la meta ultima del Viaggio, quella che completa e dà senso al suo significato.

Non a caso il viaggio per eccellenza e da tutti sognato è proprio Il giro del mondo, un viaggio che parte da un punto e ci ritorna.

Bello vero?

Naturalmente non è farina del mio sacco ma un riassuntino fatto da me di un paragrafo tratto da un bellissimo saggio di Domenico Nucera intitolato I viaggi e la letterura presente nel volume AA.VV., Letteratura comparata, Bruno Mondadori, 2002. Se avete voglia di trovarlo in biblioteca lo consiglio a tutti.

Ciao viaggiatori!

_ok_

Senza dubbio interessante, veramente!

Però.... "partire è un po' morire".... Ecco, io qui avrei qualcosa da ridire (e altro da toccare)...

Ospite alepolska
Inviato
Nella parola Viaggio ci sono tre verbi: Partire / Viaggiare / Tornare.

-Il verbo partire (simile nel francese e nello spagnolo, partir) è di origine latina: pars che significa parte/frazione. CÔÇÖè dentro lÔÇÖatto della separazione (infatti la morte è anche dipartita), ma anche lÔÇÖatto della nascita (partorire dal latino parere ha la stessa radice). Insomma nel primo momento del Viaggio cÔÇÖè il dualismo dei dualismi ovvero Vita/Morte. Partire significa sempre lasciare un vecchio che apre a un nuovo. Ma non senza fatica: Partire è un poÔÇÖ morire. La saggezza popolare coglie benissimo questo aspetto.

-Il verbo viaggiare è di origine provenzale: Viaggio da viatge che deriva sempre dal latino viaticum che in origine erano gli alimenti che si consumavano in cammino. Il Viaggio è dunque ciò che lo rende possibile. Un viaggio è tale quando comprende ciò che alimenta il suo senso, non è spostamento ma necessità. In Inglese Viaggio è travel, che richiamo chiaramente alla parola travaglio (da tripalium che era uno strumento di tortura fatto da tre pali), come nel caso di partire cÔÇÖè lÔÇÖidea di fatica (in senso negativo) ma anche di vita (nel senso di travaglio come momento del parto).

-Il verbo tornare rimanda al tornio (tornus latino) ma anche al giogo, qualcosa insomma che gira in tondo.

Raggiungere un luogo e fermarcisi non è viaggiare. Il ritorno qualifica e dà dignità al Viaggio. Pena la nostalgia che è la soffereza (-algia) per il ritorno (n├│stos).

Il ritorno è la meta ultima del Viaggio, quella che completa e dà senso al suo significato.

Non a caso il viaggio per eccellenza e da tutti sognato è proprio Il giro del mondo, un viaggio che parte da un punto e ci ritorna. E questa secondo me è la più bella.

Bello vero?

Naturalmente non è farina del mio sacco ma un riassuntino fatto da me di un paragrafo tratto da un bellissimo saggio di Domenico Nucera intitolato I viaggi e la letterura presente nel volume AA.VV., Letteratura comparata, Bruno Mondadori, 2002. Se avete voglia di trovarlo in biblioteca lo consiglio a tutti.

Ciao viaggiatori!

_ok_

Grazie roberto,bellissimo!

A volte partire è molto più doloroso che tornare.

Per me che tutto le volte che torno non vedo l'ora di partire.

Strano, forse insensato ma è così.

Inviato
Nella parola Viaggio ci sono tre verbi: Partire / Viaggiare / Tornare.

-Il verbo partire (simile nel francese e nello spagnolo, partir) è di origine latina: pars che significa parte/frazione. CÔÇÖè dentro lÔÇÖatto della separazione (infatti la morte è anche dipartita), ma anche lÔÇÖatto della nascita (partorire dal latino parere ha la stessa radice). Insomma nel primo momento del Viaggio cÔÇÖè il dualismo dei dualismi ovvero Vita/Morte. Partire significa sempre lasciare un vecchio che apre a un nuovo. Ma non senza fatica: Partire è un poÔÇÖ morire. La saggezza popolare coglie benissimo questo aspetto.

-Il verbo viaggiare è di origine provenzale: Viaggio da viatge che deriva sempre dal latino viaticum che in origine erano gli alimenti che si consumavano in cammino. Il Viaggio è dunque ciò che lo rende possibile. Un viaggio è tale quando comprende ciò che alimenta il suo senso, non è spostamento ma necessità. In Inglese Viaggio è travel, che richiamo chiaramente alla parola travaglio (da tripalium che era uno strumento di tortura fatto da tre pali), come nel caso di partire cÔÇÖè lÔÇÖidea di fatica (in senso negativo) ma anche di vita (nel senso di travaglio come momento del parto).

-Il verbo tornare rimanda al tornio (tornus latino) ma anche al giogo, qualcosa insomma che gira in tondo.

Raggiungere un luogo e fermarcisi non è viaggiare. Il ritorno qualifica e dà dignità al Viaggio. Pena la nostalgia che è la soffereza (-algia) per il ritorno (n├│stos).

Il ritorno è la meta ultima del Viaggio, quella che completa e dà senso al suo significato.

Non a caso il viaggio per eccellenza e da tutti sognato è proprio Il giro del mondo, un viaggio che parte da un punto e ci ritorna. E questa secondo me è la più bella.

Bello vero?

Naturalmente non è farina del mio sacco ma un riassuntino fatto da me di un paragrafo tratto da un bellissimo saggio di Domenico Nucera intitolato I viaggi e la letterura presente nel volume AA.VV., Letteratura comparata, Bruno Mondadori, 2002. Se avete voglia di trovarlo in biblioteca lo consiglio a tutti.

Ciao viaggiatori!

_ok_

veramente bello!!!!!

ci farò un pensierino al libro da te citato... ;)

Inviato

Sinceri complimenti Roberto per quello che hai "riassunto" e ci hai esposto. Ci fossero più professori come te nelle scuole, forse quest'Italia sarebbe migliore e riuscirebbea stare avanti ad altri paesi.

Complimenti ancora di cuore!

Inviato
Sembra un concetto banale ma la trovo una verità sacrosanta.

Mi è venuto im mente GIORGIO,non appena arrivava alla conclusione di un viaggio,non vedeva l'ora di ripartire immediatamente per una nuova avventura!

Inviato
Mi è venuto im mente GIORGIO,non appena arrivava alla conclusione di un viaggio,non vedeva l'ora di ripartire immediatamente per una nuova avventura!

grande Giorgio Bettinelli, mi solo letto da roma a saigon in 2 giorni!!

Inviato

Bella la lingua. E la cosa più affascinante è come possa far cambiare in un attimo il senso alle cose.

Ad esempio. Sarà per la rima, ma io quando penso a viaggio, penso sempre anche a coraggio. A quell'epica sensazione che ti fa sentire audace e probo. Un uomo, quasi,. bello e valoroso. Come i greci.

E così, partenza rimanda all'assenza. A quella sensazione di lasciarsi alle spalle tutto e scoprire un mondo nuovo e mirabile al confine di un mare bla bla...

Però, se collego partenza e viaggio, anzichè riempirmi di gioia, mi viene fuori... assenza di coraggio.

Maledizione.

Si ribalta tutto l'aspetto eroico che io attribuisco ai viaggi.

Ma come, mi dico, ho sbagliato tutto? Il viaggio è solo una fuga vile e disdicevole! un piccolo abbozzo del tentativo di essere coraggiosi senza esserlo realmente?

Ecco.

Forse le cose stanno anche così.

Non sono neanche partito che sento il dolore del ritorno.

Ed eccolo lì, il termine che cambia tutto.

Il Nostos. Che chissà perchè lo ricollego al NOSTromo. Ecco cosa siamo.

Altro che grandi comandanti di vascelli ottocenteschi che affrontano epiche avventure di mari in tempesta...

Ma l'importante è partire, no?

Inviato
Bella la lingua. E la cosa più affascinante è come possa far cambiare in un attimo il senso alle cose.

Ad esempio. Sarà per la rima, ma io quando penso a viaggio, penso sempre anche a coraggio. A quell'epica sensazione che ti fa sentire audace e probo. Un uomo, quasi,. bello e valoroso. Come i greci.

E così, partenza rimanda all'assenza. A quella sensazione di lasciarsi alle spalle tutto e scoprire un mondo nuovo e mirabile al confine di un mare bla bla...

Però, se collego partenza e viaggio, anzichè riempirmi di gioia, mi viene fuori... assenza di coraggio.

Maledizione.

Si ribalta tutto l'aspetto eroico che io attribuisco ai viaggi.

Ma come, mi dico, ho sbagliato tutto? Il viaggio è solo una fuga vile e disdicevole! un piccolo abbozzo del tentativo di essere coraggiosi senza esserlo realmente?

Ecco.

Forse le cose stanno anche così.

Non sono neanche partito che sento il dolore del ritorno.

Ed eccolo lì, il termine che cambia tutto.

Il Nostos. Che chissà perchè lo ricollego al NOSTromo. Ecco cosa siamo.

Altro che grandi comandanti di vascelli ottocenteschi che affrontano epiche avventure di mari in tempesta...

Ma l'importante è partire, no?

Bellissimo!

Inviato

ragazzi stiamo raggiungendo dei picchi inimmaginabili per un vile forum di vespisti... andiamo avanti così, mi raccomando.

E non date retta a chi vorrebbe farci l'antidoping quando usciamo da questa sezione del forum _smile_

  • 11 mesi dopo...
  • 2 anni dopo...
Inviato
Nella parola Viaggio ci sono tre verbi: Partire / Viaggiare / Tornare.

-Il verbo partire (simile nel francese e nello spagnolo, partir) è di origine latina: pars che significa parte/frazione. CÔÇÖè dentro lÔÇÖatto della separazione (infatti la morte è anche dipartita), ma anche lÔÇÖatto della nascita (partorire dal latino parere ha la stessa radice). Insomma nel primo momento del Viaggio cÔÇÖè il dualismo dei dualismi ovvero Vita/Morte. Partire significa sempre lasciare un vecchio che apre a un nuovo. Ma non senza fatica: Partire è un poÔÇÖ morire. La saggezza popolare coglie benissimo questo aspetto.

-Il verbo viaggiare è di origine provenzale: Viaggio da viatge che deriva sempre dal latino viaticum che in origine erano gli alimenti che si consumavano in cammino. Il Viaggio è dunque ciò che lo rende possibile. Un viaggio è tale quando comprende ciò che alimenta il suo senso, non è spostamento ma necessità. In Inglese Viaggio è travel, che richiamo chiaramente alla parola travaglio (da tripalium che era uno strumento di tortura fatto da tre pali), come nel caso di partire cÔÇÖè lÔÇÖidea di fatica (in senso negativo) ma anche di vita (nel senso di travaglio come momento del parto).

-Il verbo tornare rimanda al tornio (tornus latino) ma anche al giogo, qualcosa insomma che gira in tondo.

Raggiungere un luogo e fermarcisi non è viaggiare. Il ritorno qualifica e dà dignità al Viaggio. Pena la nostalgia che è la soffereza (-algia) per il ritorno (n├│stos).

Il ritorno è la meta ultima del Viaggio, quella che completa e dà senso al suo significato.

Non a caso il viaggio per eccellenza e da tutti sognato è proprio Il giro del mondo, un viaggio che parte da un punto e ci ritorna. E questa secondo me è la più bella.

Bello vero?

Naturalmente non è farina del mio sacco ma un riassuntino fatto da me di un paragrafo tratto da un bellissimo saggio di Domenico Nucera intitolato I viaggi e la letteratura presente nel volume AA.VV., Letteratura comparata, Bruno Mondadori, 2002. Se avete voglia di trovarlo in biblioteca lo consiglio a tutti.

Ciao viaggiatori!

_ok_

grazie, mi serviva proprio un buon consiglio letterario!

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