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1° Raid dei Passi - 23 e 24 luglio 2011


maxxx

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Ogni qual volta mi ritrovo a dover decidere di andare a riposare il giorno prima di un'uscita in Vespa, tendo a perder tempo indolentemente fino a orari impossibili, fingendo di preparare lo zaino, ricontrollando mentalmente il percorso da effettuare, visionando un'altra volta la situazione meteo.

 

È già tutto in ordine dal giorno prima, ma mi trascino comunque per casa mentre il resto della famiglia dorme il sonno del giusto ormai da ore.

Quando finalmente riesco a decidermi e mi butto a letto, è ormai l'alba.

Mi addormento di botto, ma vengo svegliato quasi subito da un rombo assordante... un tuono!

Mi trascino alla finestra, apro il balcone e do un'occhiata: cielo nero di nuvoloni carichi di pioggia, fulmini, lampi e saette...

E ti pareva!

Scendo in cucina per prepararmi per lo meno un litro di caffè e sento il cellulare squillare: prima un paio di sms, poi delle chiamate...

Sono gli altri bulicci che mi avvertono della situazione meteorologica... come se non me ne fossi già accorto.

Non rispondo a nessuno: in effetti non so neanche come mi chiamo, e sarebbe improduttivo, probabilmente pure controproducente, cercare di creare un dialogo sensato con qualcuno prima di essermi ingollato tutto il contenuto di una moka da tre.

Ripenso a un detto di una vecchia cariatide del Forum:

Il Vespista non è solubile in acqua, ma se piove gli girano comunque alquanto le palle”.

Va beh, chi se ne frega, penso fra me e me...

Vado a recuperare la tuta invernale completa e mi fermo un attimo a riflettere se possa essere il caso di prendere anche l'imbottitura... ma si, va, che piegata con cura occupa comunque poco spazio nello zaino.

Parto finalmente sotto la pioggia battente, come sempre in clamoroso ritardo... ormai è assodato che come organizzatore di questi improbabili Raid vespistici io debba arrivare all'appuntamento per lo meno mezz'ora dopo l'inderogabile orario personalmente fissato con mesi d'anticipo.

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Li trovo ovviamente già tutti in attesa, fuori del Bar da Stefano: vengo apostrofato in malo modo fin da subito.

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Son contento anch'io di vedere quelle brutte facce; dopo esserci vicendevolmente mandati a fare in culo per un paio di minuti, li accompagno a fare colazione... avevo fissato la partenza alle 10, e alle 10 e 20 avevamo appena cominciato a ordinare caffè e croissant.

Fra le altre cose, si aspettavano notizie da un tipo con una GTR azzurra, presumibilmente perso a metà strada sotto un nubifragio.

Alle 11 e 30, ormai arrivato anche Fabrizio, dopo esserci sbafati "Gondoete" e toast, caffè e succhi di frutta, dopo aver ascoltato i discorsi degli anziani avventori del locale mentre bestemmiavano di gusto commentando le giocate a scopa bevendo bianchi a profusione e dopo che Stefano ci sorprende tutti non facendoci pagare l'abbuffata, decidiamo per la partenza.

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A Sud il cielo è ormai azzurro, il sole illumina le foglie bagnate degli alberi facendoci strizzare gli occhi: una bella giornata estiva, insomma.

A Nord però il cielo non esiste: le montagne non si vedono, coperte da un impenetrabile strato di nuvolaglia nera... siamo fottuti, irrimediabilmente.

Quindi, partiti!

Siamo in sei: io con la P200E, Fabrizio con la “sua” GTR, Mauro con il PX150 My scatalizzato soprannominato “Grippo ma non mi muovo”, Davide con un PX da performance che se ce l'avessi io mi sarei già schiantato da un pezzo, Giacomo con una GT originale degli anni '60 e infine, ma non per questo ultimo, Filippo con una ET3 Primavera da pista con gomme slick praticamente alle tele... l'ideale, per il tragitto che ci aspetta.

Partiti, dicevamo, verso un'accozzaglia di nembi scuri poco promettenti, verso la valle del Piave in direzione Belluno.

Appena usciti da Castelfranco troviamo la pioggia; fin da subito acqua, quindi, che ci accompagnerà per buona parte dei chilometri percorsi nelle sue diverse accezioni: liquida, solida e gassosa.

La sinistra Piave risulta discretamente pallosa da percorrere in Vespa, ma la strada bagnata e una velocità prossima ai 90 chilometri all'ora mitigano la noia del trasferimento.

Devo rallentare un po' perché la “Grippo ma non mi muovo” di Mauro non ce la fa; in ogni caso raggiungiamo in poco tempo la Valle del Mis.

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Ci troviamo a percorrere le simpatiche lunghe gallerie in curva senza illuminazione che caratterizzano la litoranea del lago praticamente alla cieca: prima pausa per un paio di foto, sempre sotto una pioggerellina insistente.

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Vista l'ora, propongo una pausa spritz al vicino Bar della Soffia ma nessuno, incredibilmente, la prende in considerazione: resto del tutto basito, ma mi adeguo e ripartiamo verso Gosaldo e il Passo Cereda.

Continua a piovere, il manto stradale fa schifo, alle curve non sempre corrispondono delle contro curve... insomma, cominciamo a tirare qualche dritto.

A mio avviso, se ci fossimo ingollati tre o quattro spritz come proposto, il tragitto avrebbe preso sicuramente una valenza meno pressante... tant'è.

Un po' prima di raggiungere il Passo la pioggia smette di infastidirci: riusciamo a farci qualche scatto in tranquillità, e poi via, in discesa, con la prima trance di tornanti su pendenze di tutto rispetto.

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Un attimo di disattenzione, un ritardo nel scalare la marcia, e ci si ritrova per il lungo della curva, sperando non scappi anche l'avantreno...

Arrivati a Fiera di Primiero, il primo rifornimento di carburante; poi, dopo pochi chilometri, mentre esce il sole fra le nuvole, troviamo una bettola e decidiamo di fermarci per pranzare.

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Erano già le 14 e 30, forse anche le 15: cerchiamo di convincere le proprietarie del locale a prepararci comunque qualcosa di buono, o almeno riscaldarci quanto rimasto in cucina.

Ci spazzoliamo primo, secondo e contorno... delle ottime tagliatelle con i porcini, uno squisito gulash piccante che continuerò a ruttare per tutto il resto della giornata, formaggio fuso e vino bianco, ma solo un paio di bicchieri a testa, che in Trentino controllano l’alcolemia anche di giorno (sic!).

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Ci si riveste e ci si rimette in strada, verso S.Martino di Castrozza e Passo Rolle.

Un po' piove, un po' no... un tempo infame per andare in Vespa, insomma: in ogni caso c'è una quasi assenza di traffico, e la cosa ci permette di raggiungere la meta in poco tempo.

Quando mancano pochi tornanti al Rolle, fermi a un tornante ad aspettare come al solito Mauro, veniamo abbordati da un paio di brutti ceffi in Ducato: ci chiedono se siamo noi quelli che dovevano organizzare un Raid dei Passi in Vespa...

Li guardiamo con sospetto, cercando adesivi della “Neuro” attaccati sul furgone.

Rispondiamo comunque di no, non sappiamo di che cosa stanno parlando.

Ancora qualche minuto e finalmente scolliniamo: scendiamo dalle Vespe e ci prepariamo per la foto di rito.

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Qualche adesivo incollato saltando il più in alto possibile sul cartello e poi di nuovo via, verso il Valles, un bel po' in ritardo sulla tabella di marcia.

Giù di corsa fino al bivio, un tornante dietro l'altro e poi di nuovo in salita.

Non piove più, ma la giornata si presenta comunque orribile: il cielo è coperto e fa freddo.

Oltretutto la strada ha una asfaltatura che fa pietà; aggiungendo pure il fatto che è asciutta sui rettilinei e irrimediabilmente bagnata in curva, ci si può rendere conto del comune stato emotivo.

Raggiungiamo il nuovo Passo e parcheggiamo le Vespe.

Prima di entrare nel rifugio del Barba cerchiamo di immortalarci insieme al solito cartello: ma è mal posizionato, in pendenza, e sull'erba bagnata del ciglio strada più d'uno scivola cadendo a terra...

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Siamo un po' stanchi, in effetti, e ci vuole un diversivo.

Entriamo al caldo nel locale, ci spogliamo finalmente di tuta e casco e ordiniamo un giro di grappe aromatizzate.

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Fabrizio attacca quasi subito bottone con la figlia del gestore, adducendo scuse improbabili... ma che cos'è quest'oggetto, ma come funziona, ma che carino, ma fammelo provare, ah che bello, non mi era mai successo così prima d'ora, che esperienza entusiasmante...

Un asilo infantile, insomma.

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Ci stiamo rilassando, ma mancano ancora diversi chilometri all'Ostello... è ora di rimetterci in marcia.

Quindi via di nuovo, di corsa, in modo da anticipare la partenza di un gruppo di centauri in Ducati che ci rallenterebbero di sicuro sui tornanti; siamo comunque giù in un batter d'occhio, e prima di raggiungere Falcade, Fabrizio ci suggerisce un'altra digressione alcolica.

Chi ha mai assaggiato la grappa al latte?”

Una scusa vale l'altra, ovviamente... poteva essere qualsiasi altra specialità: dopo la sosta al bar d'un campeggio d'alta montagna caratterizzato da roulotte con pre-ingresso in legno ci si avvia finalmente verso Agordo.

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Arrivati in paese forzo anch'io una sosta a un supermercato, scendendo a comperare qualche bottiglia di Poretti doppio malto, la famosa fottuta birra ai cinque cereali.

E finalmente s'arriva alla meta della giornata: l'Ostello della Gioventù della Valle Imperina.

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Parcheggiamo le Vespe a ridosso della costruzione principale dopo averle spostate a motore spento attraversando il ponte coperto sul Cordevole, dentro l'area protetta del Parco Nazionale dei Monti del Sole.

Stappiamo le birre, calde, come quel viziato di Fabrizio non manca di far notare a tutti, e le ingolliamo comunque in pochi sorsi...

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Subito dopo entro e contatto il supervisore della struttura.

È visibilmente soddisfatto del nostro arrivo, ormai aveva perso quasi ogni speranza di vederci, e mi aggiorna immediatamente: camerata in ordine, tre letti a castello già dotati di cuscino, federa, lenzuola e coperte, docce pulite e acqua in temperatura, cena servita per le 20, of course...

Un lusso.

Persino troppo, mi viene rinfacciato, per essere un Raid organizzato da me... ormai tutti si erano abituati a sciatterie varie, e questo salto di qualità un po' spiazza la combriccola.

Sono ormai le 19, ma ce la prendiamo comunque con calma, essendo gli unici avventori di tutta la struttura.

Per forza: con un fine settimana del genere, la gente normale se ne sta tranquillamente a casa... figurati se qualcuno sano di mente pensa di affrontare un viaggio del genere, in Vespa, poi!

Fra lazzi e frecciatine, battute e cazzate varie, per le 20 siamo puliti, vestiti di tutto punto e irrimediabilmente affamati... finalmente si mangia.

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Un abbondante primo piatto di tortellini, per secondo un pastin con contorno di verdure alla griglia, il tutto innaffiato da un corposo vino bianco.

Della bottiglia di grappa consegnata come digestivo rimane poca cosa.

Alla fine del pasto siamo pieni come non mai, tanto da chiedere di poter mangiare il dolce finale la mattina a colazione...

Ci alziamo dal tavolo; qualcuno prende la via della sala comune per guardare una corsa motociclistica alla televisione, i più si dirigono in camera.

Fuori, intanto, continua a piovere a catinelle...

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Solo quando giunge il momento di salire al “secondo piano” del letto a castello, mi rendo conto che è letteralmente una vita che non dormo su di una simile struttura: dai tempi della naja, se vogliamo essere precisi.

Per la miseria: me lo sento... questa notte, con tutto quello che ho bevuto, se mi scappa di andare in bagno, di sicuro mi fiondo per terra e mi rompo l'osso del collo.

Ma sono fortunato: sopra un armadio ci sono delle protezioni anti-caduta per bambini... le posiziono a destra e a manca del letto, che non si sa mai, e mi abbiocco di colpo.

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Qualcuno riferisce che a notte fonda abbia comunque cacciato un paio di craniate sulle protezioni, maledicendo improbabili entità superiori ad alta voce!

Io, a esser sincero, non ricordo di aver fatto nulla di ciò... non ricordo neanche cosa stessi facendo nel bagno delle donne la mattina dopo, in effetti!

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Il risveglio, come da copione, è in clamoroso ritardo.

Ci era stato raccomandato di scendere per la colazione non più tardi delle 9, e alle 8 e 50 ci trovavamo ancora tutti sotto le coperte...

Giù dalle brande alla velocità della luce, ci fiondiamo in sala da pranzo: tè, caffè, latte, croissant, fette di torta, panini, burro, miele, cioccolato e marmellata, più il crostino lasciato dalla sera precedente...

Solo dopo esserci abbondantemente riempiti di cibo diamo un'occhiata al panorama esterno...

Fuori la giornata è veramente terribile: cielo plumbeo, nuvole basse, pioggia senza soluzione di continuità, 10°C...

Piove, e di brutto, anche: nuovamente fottuti.

E pensare che il meteo, controllato il giorno prima della partenza, prometteva un netto sicuro miglioramento per la giornata di domenica.

Torniamo in camerata, mettiamo in ordine e cominciamo a vestirci: alle 10 siamo pronti, salutiamo il personale dell'Ostello e ci avviamo alle Vespe.

Si riparte, quindi: verso Agordo, poi Alleghe.

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Prima di raggiungere il centro di Caprile noto un cartello stradale con indicata la temperatura: 8°C.

Facendo i debito conti, partendo dal presupposto che l'altitudine in quel punto fosse circa 1.000 metri, sui 2.000 e passa del Falzarego, e ancor peggio sui 2.200 del Giau, la temperatura quasi sicuramente sarebbe stata prossima allo zero.

Mi fermo a lato strada e lo faccio notare alla compagine di sbalestrati: ce la sentiamo di affrontare una probabile nevicata in alta quota?

Vengo malamente apostrofato per essermi fermato e aver perso tempo facendo domande idiote: e allora via, verso la salita al primo Passo della giornata.

Mi faccio prendere dalla foga del momento, riuscendo persino a tirare un dritto in salita, in un tornante a destra.

Mi consola il fatto che con me escono di strada anche altri due... tanto per far capire quanto si stava tirando.

Quando raggiungiamo le gallerie ci fermiamo un attimo: sta nevicando... poco, ma quella che vien giù è comunque neve.

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Davide è completamente ghiacciato: la tuta non tiene, si è inzuppata, e la temperatura lo sta irrigidendo per bene.

Ormai manca poco al Passo, e percorriamo gli ultimi tornanti a manetta: solita foto di rito e poi ci incamminiamo a salutare Zio Mario.

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In estate ed in inverno la funivia Falzarego – Lagazuoi porta i turisti su una delle più belle terrazze panoramiche delle Dolomiti, il Rifugio Lagazuoi, che con i suoi 2.742 metri è uno dei più alti delle Dolomiti.

Ma non si vede quasi nulla del bel panorama: nuvole ovunque, e la neve che confonde i contorni.

Ci sono pure dei problemi con i cavi di tenuta della cabinovia, e dobbiamo aspettare quasi mezz'ora il ritorno di Zio Mario: quando scende dalla cabina ci salutiamo calorosamente e ci mettiamo in posa per una serie di scatti.

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Nel frattempo continua a nevicare.

Veniamo informati del fatto che in quota ci sono già 15 centimetri di neve fresca, e allora via, di corsa, che a tutti non pare il caso di rischiare di rimanere bloccati... tanto meno a Davide, che sta letteralmente battendo i denti.

La discesa verso Cortina non crea particolari problemi, a parte le solite sbandate in curva; in un tornante a sinistra mi parte anche l'avantreno, e me la faccio quasi sulle mutande.

Fermata di rito per qualche fotografia alla Conca Ampezzana, pisciata liberatoria da una balaustra panoramica e poi di nuovo in salita, verso il Giau.

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Prima di ripartire mi faccio prestare una tanica di benzina per un rabbocco al volo: l'avevo consigliata a tutti, la tanica di riserva, e ovviamente sono stato l'unico a non portarla.

Abbiamo perso Fabrizio per strada, ma lo ritroviamo al Rifugio: sembra abbia appena smesso di nevicare, per fortuna, ma un vento freddo abbassa di brutto la temperatura.

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Un paio di foto e ci fiondiamo subito dentro il locale: ordiniamo bombardino per tutti, ottima bevanda a base di panna, Vov caldo e brandy. O rum. O whisky... comunque alcolica, in ogni caso bollente!

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Ci riprendiamo un po', ci scaldiamo e cerchiamo di fare il punto della situazione: come sempre è tardi, tardissimo, e dobbiamo ancora percorrere un bel po' di strada prima di raggiungere la prossimo meta, l'Insonnia.

La cosa divertente è che ci aspettano come minimo una trentina di tornanti solo per scendere verso la Val di Zoldo... decidiamo comunque di giocare la sorte e di rischiare di arrivare in clamoroso ritardo dai famosi fratelli ex giocatori di hockey, con tutte le conseguenze del caso.

L'ora successiva è solo concentrazione e qualche immancabile dritto: facciamo un attimo di sosta solo al Passo Staulanza, che fra le altre cose mi ero completamente dimenticato di inserire nel novero di quelli da percorrere.

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Arriviamo al ristorante dopo le 16: veniamo male apostrofati dai gestori del locale, che poi ci fanno comunque accomodare a un tavolo.

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Un tagliere di affettati e formaggi misti, un altro di polenta gialla, fiaschi di vino rosso, una scodella di “musetto” con il cren, pane, verdure sottaceto... chi vuole dell'acqua se la va a prendere in cortile, alla fontana, come da copione.

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Mangiamo tranquillamente, chiacchierando...

Siamo comprensibilmente stanchi, ma ci manca solo il Duran, e Fabrizio freme all'idea di percorrerlo sull'asciutto.

Ripartiamo pieni come uova, spendendo persino 15 euro a testa... cose dell'altro mondo!

Tiro le marce al massimo, fin da subito: la salita verso il passo è in accentuata pendenza, tutta una curva, ma l'ho già percorsa parecchie volte e ormai me la ricordo discretamente.

Sono in terza a manetta, non riuscendo a superare i 60 chilometri all'ora: mi impegno a pennellare le curve senza rallentare.

Sono concentratissimo.

A un certo punto sento il rumore di un'altra Vespa che si avvicina: alla prima curva a sinistra Fabrizio mi supera con facilità, sverniciandomi di brutto.

Non faccio in tempo a mandarlo a quel paese a voce alta, che vengo passato anche da Davide... ma allora ditelo, no?

Tutta questa fatica per non perdere velocità, e questi mi passano in accelerazione quando meglio credono.

Quando arrivo al Passo li vedo confabulare fra di loro toccando lo specchietto retrovisore della GTR: troppa foga, una piega eccessiva, e Fabrizio ha divelto con la spalla un paletto catarifrangente... per fortuna sono in plastica!

Ultima foto di gruppo al cartello e poi via di nuovo, in discesa.

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È l'ultimo tratto, è divertente da percorrere, l'asfalto è finalmente asciutto, corriamo come invasati... tutte le curve in piega, rettilinei a manetta, raggiungo e supero varie volte i 100 chilometri all'ora.

Decido di sfruttare l'ultimo rettilineo per superare un paio di “concorrenti”: mi butto giù a pesce sfruttando al massimo la discesa.

Dietro di me c'è Filippo con la ET3... non mi molla un istante.

Arrivo in vista della secca curva a destra e comincio a frenare di brutto scalando tutte le marce, bloccando la ruota un paio di volte, facendo fischiare lo pneumatico sull'asfalto.

Sono alla giusta velocità per impostare la curva, e mentre comincio a piegare sento dietro di me il rumore di una frenata al limite.

Con la coda dell'occhio vedo Filippo con la Vespa in scampanata che caccia un dritto da urlo, uscendo di strada, verso un prato.

Inchiodo e torno subito indietro, in tempo per vedere l'imolese percorrere lentamente un sentiero sterrato che lo riporta in strada.

Sorridendo dice che gli è andata bene: non ha incrociato nessuna macchina prima di uscire di strada e non c'erano fossati, alberi o trattori in traiettoria nel fuoristrada.

Chissà mai cosa sarebbe potuto succedere se avessimo avuto la “fortuna” di percorrere tutto il Raid sull'asciutto?

A mio avviso ci saremmo decimati già alla prima salita seria...

Arrivati nuovamente ad Agordo ci fermiamo per un altro rifornimento.

Poi il velocissimo trasferimento verso Sedico, percorrendo tutta la stretta Valle del Cordevole nuovamente a manetta, sul filo dei 100 all'ora, un sorpasso dietro l'altro.

In un batter d'occhio siamo finalmente a Pedavena, davanti un paio di litri di Centenario e alle immancabili patatine fritte, come da copione.

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C'è una festa di musica celtica, o qualcosa del genere, in birreria... in ogni caso ci sono belle signorine che ballano.

Si beve, si spazzolano le patate, si beve, si scherza, si ride, si beve ancora...

Nel momento di rilassamento ci rendiamo conto che ce l'abbiamo fatta: nelle peggiori condizioni meteorologiche, quasi sempre sotto acqua battente, a temperature prossime allo zero, in mezzo a una nevicata, sotto raffiche di vento gelido, con bassa visibilità...

Mancano ancora una cinquantina di chilometri per tornare a Castelfranco, ma ormai i giochi sono finiti.

Fabrizio, asociale come al solito, ci saluta appena rientrati a Feltre: tornerà direttamente verso Vittorio Veneto per un'altra strada.

Noi si deve percorrere la nuova tangenziale: Davide mi presta la sua Vespa per un tratto di strada.

A quel punto diventa il gioco degli scambi: tutti provano le vespe di tutti.

Personalmente mi diverto come un bambino a percorrere le curve della SR 348 a 120 all'ora: fantastica tenuta di strada, freni che frenano, motore scattante e con un allungo incredibile... mi vien voglia di buttare la 200!

Arriviamo a Castelfranco quasi alle 21: aiutiamo Filippo a caricare la Vespa sul pickup, un'ultima foto di rito e ci salutiamo.

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Che dire, quindi, di questo Raid?

Di sicuro mi son divertito... e molto, anche!

Bella compagnia, bel giro, bellissimi posti: 430 chilometri quasi tutti di curve e tornanti, ben 7 Passi Dolomitici, dei quali 4 sopra i 2.000 metri, mangiato ottimamente, bevuto anche meglio.

Unica nota dolente: non sono riuscito a percorrere più di 17 chilometri con un litro di benzina... e per fortuna le strade erano bagnate e bisognava andare piano! 😉

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